La nuova opera di Andrea Liberovici, Veneziacustica, edita da Squilibri, si configura come una raccolta di “cartoline acustiche” che, messe le une accanto alle altre, compongono un ritratto grandemente suggestivo di Venezia: sono campielli e rive, gondole e vaporetti sintattici che squarciano la superficie oleografica di Venezia-icona e aprono la strada alla perlustrazione di Venezia-vita, Venezia-storia, Venezia-mondo.
Tutto nasce da una suggestione maturata nel corso di una conversazione con Renzo Piano sulla natura armonica di una città costruita come una palafitta. Quella conversazione, in realtà, ha finito con il “nominare” una sensazione radicata nella memoria più profonda dell’autore che, già nell’infanzia, avvertiva i suoni della sua presenza a Venezia -del suo respiro, del battito cardiaco o della custodia del suo violino- in un legame polifonico con tutte le altre voci e suoni della città: Venezia come un grandioso strumento musicale, capace dunque di dispensare suoni propri e irripetibili altrove, per cui muoversi al suo interno è come muoversi nella pancia di un gigantesco violoncello. Questo “segreto invisibile”, che si accompagna alla conformazione della città, modifica radicalmente la percezione del tempo, risvegliando in chi lo scopre l’attitudine all’ascolto.
Suggestioni e sensazioni che, inestricabilmente legate ad esperienze personali, pongono l’opera di Liberovici oltre i paesaggi sonori indagati in tante opere musicologiche, dato che Venezia e le sue voci diventano subito parte costitutiva di un’opera che ha l’ambizione di andare oltre la mera registrazione di dati oggettivi. Riflettendo sul formato e sul dispositivo da utilizzare per trasformare queste riflessioni in musica e poesia, Liberovici è così ispirato al formato della ormai desueta cartolina di cartone, affidando al nesso suoni-poesie quanto in passato era invece consegnato al binomio immagine-parole. Allo stesso tempo ha mantenuto l’essenzialità che era propria della cartolina postale, dandosi un tempo breve, un minuto al massimo, per esprimere quanto gli ha ispirato la “consonanza” con la città della sua infanzia ed ora anche della sua maturità.
Ventiquattro istantanee, accompagnate da acquerelli e chine, con un QR code che rimanda ai relativi brani musicali per un “ritratto di città” di grande originalità e fascino che ci restituisce un’immagine alquanto insolita di Venezia, forgiata tra suoni pure familiari a chiunque la conosca, dallo sciabordio delle acque lagunari contro le gondole al suono delle campane fino allo sbattere di corde e cavi contro gli alberi e le sponde delle imbarcazioni all’attracco.
Andrea Liberovici, Veneziacustica (Il libro dei suoni 1), con scritti di Gianfranco Vinay e Lello Voce, pp. 80, ISBN 978-88-85571-70-9, € 15
Andrea Liberovici (1962), figlio del compositore Sergio e della cantante Margot Galante Garrone, cresciuto a Venezia con la madre e con il musicologo Giovanni Morelli, ha iniziato giovanissimo a studiare composizione, violino e viola nei conservatori di Venezia e Torino, canto con Cathy Berberian e si è poi diplomato alla scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova.
Nel 1996, assieme al poeta e drammaturgo Edoardo Sanguineti, ha fondato il teatrodelsuono, applicandosi alla sperimentazione di nuovi motivi nelle relazioni musica-poesia-scena e tecnologie per l’elaborazione del suono e dell’immagine: due anni, Achille Bonito Oliva ha esposto alla Galleria d’Arte Moderna di Roma i suoi Ritratti Acustici, (registrazioni appese alle pareti come quadri).
Autore e regista delle sue opere, è stato definito da Jacques Nattiez “un compositore del suo tempo le cui opere ci raccontano la tragedia dell’umanità postmoderna”. Premiato da Le Maschere del Teatro Italiano, nel 2016, come Miglior Compositore Italiano, negli anni ha collaborato come compositore e regista con numerosi altri artisti ed attori, tra i quali Aldo Nove, Caterina Guzzanti, Claudia Cardinale, Enrico Ghezzi, Helga Davis, Ivry Gitlis, Judith Malina, Massimo Popolizio, Milena Canonero, Nanni Balestrini, Peter Greenaway, Robert Wilson, Tiziano Scarpa, Vittorio Gassman e Yuri Bashmet.