In questa nuova mia recensione vi parlo di una “one man band” ovvero un gruppo formato da un solo elemento che sostanzialmente si occupa di tutti gli strumenti (ma non della voce). Il Deus ex Machina in questione è Alessandro Sicur. Il musicista ha già prodotto un primo album nel 2017 dal titolo “The Waving Flame of Oblivion” e a settembre del 2021 ha rilasciato questo nuovo lavoro, che ora vado a recensire. Dieci tracce per circa un’ora scarsa di durata, un mix tra progressive rock e avantgarde metal. Il disco è inoltre infarcito di collaborazioni quali i vocalist Fabio Vogrig (Handful of Dust, Noioc, End of Eternity ) e Alessandro Seravalle (Garden Wall), ed il sax a cura di Clarissa Durizzotto.
“Lost in a Maze” (Fabio Vogrig, voce) è il primo brano ed è un lento incedere, la voce è calma e tranquilla mentre batteria e chitarra si spandono lentamente a macchia d’olio, dopo pochi istanti subentrano i synth e tutto cambia, voce grossa e potente inframmezzata ai clean. Il brano è godibile, nelle casse dello stereo ad un volume sostenuto, rende tantissimo, soprattutto per i continui cambi di ritmo che rendono il tutto dinamico e vivace e il finale è scoppiettante. Il disco prosegue con “The Snooping Shadow” (Alessandro Seravalle, voce), cambia il cantante e cambia l’approccio del pezzo, la chitarra accoppiata al synth ha un suono estremamente particolare. Anche qui il cantato semi-growl si alterna con la voce clean, il prodotto che si ascolta è molto più intriso di astio di quello precedente, il muro sonoro prodotto da Sicur è davvero impressionate, nonostante vi siano continui cambi di ritmo la massiccia dose metallica è sempre a livelli massimi. Sui quattro minuti un po’ di quiete, per poi ripartire spediti verso il prossimo brano, “The Vulture Eye” (Alessandro Seravalle, voce): dopo una breve introduzione di synth ecco la chitarra e la batteria, tutto molto lento anche se le voci, una decisamente growl e l’altra baritonale, rendono il pezzo sofisticato ma allo stesso tempo diretto e ferino. I ritmi non si alzano mai e rimangono sempre molto bassi e cadenzati ma allo stesso tempo quadrati e pieni, l’apporto dell’elettronica è fondamentale per cementare il tutto.
“Breathless” (Fabio Vogrig, voce) è il quarto capitolo dell’opera e parte con un bel riff di chitarra. Qui il sound mi sembra decisamente più cazzuto, fino al minuto e trenta dove una pausa elettronica blocca tutto, ma poi la possente macchina metallica riparte con nerbo e furia, spettacolari le architetture sonore che rendono questa traccia di livello altissimo, ed ecco ora “Horror Vacui” (Clarissa Durizzotto, sax); l’apertura è ariosa e sognante, intrigante il suono del sax che si espande in maniera meravigliosa dando un senso di leggerezza ed inquietudine al brano, questo strumento riesce a miscelarsi in modo sublime con il resto degli strumenti musicali. Il pezzo è solo strumentale e fa da interludio alla prossima traccia: “They Speak by Silences”, chitarra, basso e batteria con la voce si può definire narrante, un brano particolare molto progressive, mai tirato e per nulla cattivo. Solo sul finale i ritmi si innalzano dando un senso di appagamento all’ascoltatore. Questi due pezzi ascoltati in sequenza sono davvero carismatici.
“No More” (Alessandro Seravalle, voce). La settima traccia inizia tra l’inquietudine e la sorpresa, prima lenta ed astiosa con la voce grave e maligna, le tastiere si fanno ben sentire come la chitarra e la batteria, poi piano piano come la marea, il pezzo aumenta lo spessore e la potenza, il ritornello è davvero azzeccato, anche qui tantissimi cambi di tempo e nessun punto di riferimento. Si arriva così all’ottava traccia, “Born Like This”, un brano questo che esalta le qualità esecutive e compositive di Alessandro Sicur, anche qui la voce è più narrante che altro, un pezzo che a tratti diventa decisamente potente, soprattutto quando gli strumenti diventano un tutt’uno. Il risultato è davvero impressionate, penultima traccia di quest’opera è “Silent Sea”, dove i synth aprono le danze seguite da chitarra e batteria in un connubio di forza e stile, infatti le sonorità sono atipiche e spiccano per tutta la durata del brano. Mi piace come si muove la chitarra e come viene ben supportata dalla batteria, la parte vocale non mi è particolarmente congeniale, e due tracce in cui si hanno queste voci filtrate messe in secondo piano, sinceramente non mi piacciono. Il disco finisce con la title track, “The Second Coming” (Clarissa Durizzotto, sax). Qui abbiamo nuovamente il sax coadiuvato dai synth e da qualche “ tocco” di chitarra. Un sound rilassante a chiusura di un disco interessante.
Considerazioni finali: il disco in se suona bene, è di difficile ascolto, molto “arzigogolato” e a tratti anche un po’esagerato. Sicur è davvero un magnifico compositore ed esecutore, ed i suoi ospiti figurano davvero bene in questo contesto. Devo dire che Clarissa Durizzotto con il suo sax mi ha davvero emozionato. Di una cosa mi sono reso conto comunque, che questo album è talmente ben fatto, talmente perfetto anche a livello di produzione, che non lascia spazio alla fantasia, soprattutto se non per qualche raro attimo non è coinvolgente. Lo dico con dispiacere ma non riesco ad affezionarmi ad album di questo tipo nonostante mi intrigasse parecchio ascoltarlo e recensirlo. Album questo consigliatissimo a chi desidera un ascolto maturo e per chi ama la musica tout court un po’ meno a chi ascoltando la musica si vuole emozionare e vuole sentire quella famosa pelle d’oca che solo pochi artisti fanno venire.
Line-up:
Alessandro Sicur – Vocals, Keyboards, Piano, Bass, Programming