“Escape From Funkatraz”, la fuga spettacolare degli Yattafunk

Gli Yattafunk nascono nel 2014 come side-project di tutti i suoi membri ma in breve tempo, grazie anche agli energici live che iniziano a consolidare il nome della band, decidono di dare alle stampe l’album di debutto “Yattafunk Sucks” nel 2016 sotto etichetta Ghost Record Label, affidando a Crashsound e Code 7 la distribuzione. L’album riceve molti consensi positivi da parte della stampa ma l’intensa attività live crea una frattura all’interno della band: batterista e bassista abbandonano il progetto e i fratelli Funk Norris (voce/chitarra) e Arnold Funkenegger (chitarra solista) si mettono immediatamente alla ricerca della nuova sezione ritmica. Ma è nel 2018 che si perdono le tracce della band, l’etichetta è costretta ad utilizzare Photoshop e pubblicare foto in sala prove per coprire la verità: Norris e Funkenegger vengono arrestati e condotti nel penitenziario di Funkatraz dove incontrano i futuri membri della band, Funkardo DiCaprio (basso) e Funkester Stallone (batteria). I quattro studiano l’evasione durante tutto il 2019 e nel 2020 evadono, i giornali e televisioni di tutto il mondo iniziano a parlare di questa spettacolare fuga. Danno alle stampe il secondo album “Escape From Funkatraz” e ora sono in fuga, braccati da CIA, FBI, guardie forestali, ausiliari del traffico e dopo ogni concerto sono costretti a salire velocemente in auto per non essere arrestati di nuovo.

MIAB: Benvenuti ragazzi, “Escape From Funkatraz” è il vostro nuovo album. Com’è nata la scelta del titolo?
Funk Norris:
Ciao a tutti, beh, “Fuga da Funkatraz” proprio perché siamo in fuga. Siamo scappati dal penitenziario di Funkatraz e siamo costantemente nascosti e pronti a cambiare in continuazione zona del paese per non essere catturati di nuovo. Questa ovviamente è una gimmick, suoniamo, anzi suonavamo visto che ora è impossibile, vestiti con le tute arancioni da detenuto americano.

MIAB: E poi ci sono i due singoli che hanno anticipato l’uscita! A cosa è dovuta la scelta di questi due brani, tra gli otto inclusi nell’album?
Funk Norris:
I singoli di punta dovevano essere due, si, “MOTU generation” e “Slut machine”. Poi sappiamo tutti quello che stiamo vivendo attualmente a causa di questa pandemia che ha portato a ritardi, impossibilità di muoversi in determinati periodi e tutto il resto, quindi alla fine i singoli sono diventati tre, con “Cereal killer”, per non lasciar correre troppo tempo tra l’ultimo pubblicato e l’uscita dell’album, in accordo con la nostra etichetta, la Ghost Record Label. Ci sembravano i migliori per dare un’idea di quello che sarebbe poi stato l’album.

MIAB: Gli Yattafunk sono solo musicisti o spendete del tempo insieme anche nel tempo libero?
Funkester Stallone:
Sarebbe bello ma purtroppo no, o almeno non quando vorremmo, ogni membro del gruppo ha un lavoro e non abitiamo nemmeno tutti uno vicino all’altro, magari una serata per una chiacchiera con davanti una bella birra, o più birre, e una pizza ci scappa ma ovviamente quando non ci sono pandemie in corso. Poi in questo preciso periodo che possiamo sentirci solo virtualmente, è praticamente impossibile stare insieme di persona.

MIAB: Vi piacerebbe introdurre delle tastiere come ulteriore aggiunta al sound?
Funk Norris:
Non saprei, al massimo un pezzo voce e pianoforte magari potrebbe essere un’idea per chiudere un album in futuro. Ma tastiere in generale, inteso come riempimento o aiuto al brano, no, non servono alla band. Primo perché siamo una band funk metal come lo erano le band che hanno fatto esplodere questo genere negli anni ’90 in America, secondo perché a noi piace essere crudi, niente fronzoli, niente batterie campionate, tracce in sottofondo dal vivo per aiutarci, melodyne o auto-tune, niente di tutto questo, lo rifiutiamo a priori. Tastiera invece intesa, ecco, come un pezzo pianoforte e voce o come utilizzavano l’organo i Grand Funk Railroad, teoricamente potrebbe starci all’interno del progetto ma fondamentalmente per il momento non ne sentiamo il bisogno. Tra l’altro potrei tranquillamente suonarla io senza bisogno di un membro in più, esattamente come faceva Mark Farner, no?

MIAB: Avete mai pensato di cantare in Italiano?
Funk Norris:
Anche questa è una domanda difficile, forse un featuring con un’artista italiano potrebbe “imporci” di cantare in italiano insieme a lui e tutto sommato avrebbe anche senso. Non sono comunque cose che vanno costruite, se ci dovesse venire qualcosa in sala prove o qualcuno della band avesse un’idea geniale in proposito, alla fine si valuta tutto. Ma, chiaro, un pezzo al limite, non di più. Il pubblico a cui ci rivolgiamo vive dall’altra parte del mondo e non perché sia stata una nostra decisione ma semplicemente perché qui da noi il funk metal non è mai arrivato come negli Stati Uniti, è un genere particolare nato e adatto probabilmente solo a quella parte del mondo. Lo dicono anche gli ascolti d’altronde. Sapete che Spotify ad esempio da la possibilità di controllare dove la tua musica è ascoltata, così come la maggioranza dei servizi di streaming musicale, e il distacco tra Stati Uniti e qualsiasi altro paese è decisamente alto.

MIAB: Che cosa ne pensate della scena musicale italiana in generale?
Funk Norris:
Quella “mainstream”? Mostruosa. Questo è il termine corretto. Tutto finto, tutto costruito a tavolino da qualcun altro che non è l’artista, con il minimo impegno, delegando la costruzione del brano ad un PC nella maggior parte dei casi. I tempi gloriosi dove il nostro paese sfornava gente del calibro di Timoria, Lucio Battisti, i primi Stadio, il primissimo Vasco Rossi e tanti altri, sono finiti. Se si vuole ascoltare qualcosa di valore, bisogna buttarsi nell’underground. E non solo metal ovviamente, ma anche pop, la qualità di una proposta non è data dal genere ma da altri fattori. Ma, rimanendo nell’heavy, che è quello che chiaramente interessa di più a noi, i tempi sono maturi per creare finalmente una grande comunità anche in Italia e una vera e propria scena come non c’è mai stata fino ad oggi. Le persone potrebbero avere una gran voglia di conoscere qualcosa di nuovo dopo questo lunghissimo silenzio fatto di lockdown, mini-lockdown e locali chiusi. Ci sono dei gruppi sui social network che stanno portando avanti un grandissimo lavoro con grande impegno, penso a “We F****n Rock”, “Metal Underground Music Machine” o “World Painted Metal”, communities che meritano grande rispetto per la passione con sui sono costruiti e continuano ad essere nutriti, andate a dare un’occhiata su Facebook a questi gruppi.

MIAB: Pro o contro i Talent Show?
Funkester Stallone:
Sono sempre contro i talent show e su questo non cambierò mai la mia opinione, ci sarebbe tanto da dire ma personalmente penso che siano soltanto show per far divertire e intrattenere il pubblico da casa. Ma un vero musicista, cantante o gruppo che sia sa benissimo che lavoro c’è dietro e buttarlo cosi in un talent per poi delle volte essere derisi, o peggio non essere se stessi perché magari ti viene imposto un determinato percorso artistico da percorrere che sia il più in linea possibile con la richiesta del mercato, lo trovo un vero spreco.

MIAB: Siete su un’isola deserta e potete inserire in una bottiglia un messaggio e gettarla in mare!
Funkester Stallone:
Scriverei “Escape from the island”, eh eh. Ps. :Trovatemi e portatemi subito la mia band ed un palco, dannazione!

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